La manifattura nel maceratese
In epoca contemporanea, le terre del cappello sembrano estendersi anche ai limitrofi Comuni di Mogliano, Loro Piceno e Sant’Angelo in Pontano.
Pur facendo parte dello “Stato di Fermo” fino al XIX secolo, questi Comuni ricadono attualmente nella Provincia di Macerata. La stessa Diocesi di Fermo, le cui origini risalgono al III secolo d.C., ricomprende tutti i territori del cappello, sia sul versante fermano che su quello maceratese.
Dalle notizie in nostro possesso, nei Comuni di Mogliano, Loro Piceno e Sant’Angelo in Pontano, la produzione manifatturiera sembra affermarsi per contaminazione economico-culturale trasmessa dai centri storici del cappello.
In particolare a Mogliano, la produzione di accessori della moda si sviluppa come evoluzione e differenziazione dell’arte dell’intreccio dei vimini che fiorisce nella cultura contadina a partire dal XIX secolo.
Tra la gente di Mogliano di inizio XX secolo si è soliti ripetere di “andare a fare la treccia a Massa [Fermana]” in segno di differenziazione da quell’arte e come esortazione a darsi da fare nel proprio lavoro o cercarsi una occupazione alternativa.
La produzione tra I e II guerra mondiale
Nel censimento del 1911 vengono rilevate 24 fabbriche di cappelli di paglia, attribuite in modo approssimativo tutte a Montappone; da altre fonti del 1913, viene annotato in maniera più appropriata che nel fermano vi sono tredici fabbriche di cappelli degne di questo nome: tre a Massa Fermana, quattro a Montappone, due a Monte Vidon Corrado e quattro a Falerone (Rulli 1995, pg. 129-130).
Con l’arrivo degli anni Venti assistiamo alle prime importazioni di trecce di paglia dalla Cina e dal Giappone, che aprono la strada alla produzione cinese di cappelli semilavorati in tessuto, elemento strategico di molte aziende degli anni Ottanta e Novanta (Vittori 1997, pg. 9).
Come sostiene Ezio Sebastiani (Frontoni 2000, pg. 40) nel 1925, la lavorazione della treccia e dei cappelli di paglia, in seguito all’introduzione dei macchinari, raggiunge vette di eccellenza; la qualità della produzione, al tempo stesso, risulta notevolmente migliorata.
I Comuni di Massa Fermana, di Montappone, di Monte Vidon Corrado e di Falerone, in quegli anni, pur di fronte ad una crisi incombente, lanciano sui mercati di consumo (comprese le Americhe e l’Asia Minore) circa un milione e mezzo di cappelli.
Tra i paesi del comprensorio risultano particolarmente dinamiche le attività di Massa Fermana dove, ben quattro imprenditori della città, già agli inizi del Novecento, impiantano fabbriche di cappelli all’estero (Rulli 1995, pg 139).
Nel periodo tra le due guerre gli echi della crisi arrivano a toccare anche il distretto fermano del cappello, ma l’influsso non si dimostra completamente distruttivo: caratteristiche organizzative flessibili, come contoterzismo, diffuso lavoro a domicilio, presenza di piccolissimi produttori e artigiani, riescono a salvare il comprensorio dall’estinzione ed anzi a conquistargli importanti quote di mercato. Tra gli anni 1927 e 1937 si verifica addirittura un aumento di addetti nella lavorazione della paglia del 163% (Armellini Frontoni 2022, pg. 20).
Nello stato di emergenza degli anni Venti risulta essere Falerone il comune che più di altri mostra di possedere risorse imprenditoriali adeguate (Rulli 1995, pg 171). In particolare, a partire dal 1908 e fino al 1956, Falerone, insieme a Servigliano, è l’unico tra i centri manifatturieri del cappello a poter usufruire di una stazione ferroviaria lungo la linea Amandola-Porto San Giorgio per il collegamento alla direttrice adriatica (Sabbatucci Severini 2006, pg. 57).
Nel 1930 vengono introdotti i primi motori elettrici, il lavoro diventa meno faticoso e le giornate lavorative vengono ridotte ad otto ore (Apunis 2012).
Fino alla II guerra mondiale le fasi di lavorazione rimangono immutate, ma assistiamo ad una progressiva evoluzione del mercato verso una sempre maggiore extra-regionalizzazione (Vittori 1997, pg. 3).
Nuovi rapporti si instaurano tra pubbliche amministrazioni e impresa: la PA perde progressivamente il ruolo di sostenitrice dello sviluppo manifatturiero, per assumere più una funzione di controllo (Rulli 1995, pg. 173).
Nel settore dell’arte, gli influssi del distretto vengono condotti a livello internazionale dal maestro montevidonese Osvaldo Licini. Del periodo figurativo dell’artista ricordiamo le due opere Natura morta (Cappellini) e il Pastorello, dove un cappello di paglia a falda larga incornicia il volto di un ragazzo.
Nuovo assetto industriale e conservazione delle tradizioni
Il secondo dopoguerra vede la graduale e definitiva scomparsa della secolare tradizione dell’intrecciare la paglia, mentre non subisce variazioni la consuetudine di svolgere alcuni lavori a domicilio, residuo profondo di un modello produttivo affermatosi in quasi due secoli di attività. Primo segnale del passaggio da un’economia rurale fondata sulla mezzadria ad una struttura industriale sorta intorno alle abilità originarie, risulta essere la costituzione a Piane di Falerone, nel 1950, del primo consorzio tra commercianti di trecce di paglia (Cammarano 2011, pg. 22); scopo del consorzio è quello di armonizzare e sostenere i prezzi.
Nel frattempo si delineano le prime avvisaglie di protesta degli operai delle fabbriche per il miglioramento della loro condizione. Agli inizi del 1954 assistiamo ad una astensione collettiva dal lavoro di circa tre mesi. Nello stesso anno alcuni operai cercano di organizzarsi in cooperativa, ma l’estensione a tutto il settore del contratto nazionale di lavoro dei tessili, rende l’iniziativa ben presto inefficace (Cammarano 2011, pag. 23).
Una forte crisi di comparto pervade le aziende del comprensorio durante gli anni Cinquanta e Sessanta: i cambiamenti della moda limitano sempre di più l’uso del cappello di paglia e i compratori fiorentini e di Marostica preferiscono le trecce cinesi rispetto a quelle italiane (Sabbatucci Severini 2006, pg. 67).
Le aziende emerse dalle ceneri della guerra costituiscono una importante fucina di nuovi imprenditori: a partire dagli anni Sessanta molti operai fuoriescono dalla azienda madre, per dar vita, prima a dei laboratori conto terzi, poi a delle unità produttive indipendenti. Si hanno nel tempo veri e propri spin-off che consolidano la vocazione manifatturiera del comprensorio.
La struttura produttiva assume sempre di più la connotazione di distretto in seguito a quell’aria del saper fare diffusa su tutto il territorio, con la presenza di molte piccole imprese specializzate in una singola fase del ciclo di fabbricazione (Sabbatucci Severini 2006, pg. 74).
La produzione si va progressivamente differenziando: partendo dai cappelli in truciolo, rafia e maglina (importata dalla Cina), si arriva nel 1965 ai cappelli di merletto e a quelli di nailon.
Entra nelle fabbriche una nuova macchina, conosciuta col nome di Anita che viene utilizzata per cucire trecce di truciolo e di merletto (Frontoni 2000, pg. 45).
Col trascorrere degli anni, altre materie prime, come la lana, il feltro e vari tipi di tessuto vanno a sostituire la paglia intrecciata, divenuta oramai un prodotto di nicchia.
Nel decennio 1966-1975 a fronte di 18 nuove imprese che producono cappelli di vario materiale e altri articoli di abbigliamento, ne risultano appena 7 che iniziano l’attività sui cappelli di paglia e truciolo (Sabbatucci Severini 2006, pg. 73).
Già da tempo, partendo dalla prima metà del secolo, si evidenziano iniziative di conservazione delle tradizioni storico-culturali legate al mondo dei cappelli di paglia, come testimoniano alcune opere in dialetto del poeta Manlio Massini, nato a Massa Fermana nel 1889. Tra i vari componimenti ricordiamo Maestro di treccia, ‘Ntreccènne e La storia de lu filu de paja (La storia del filo di paglia). In particolare di quest’ultima, attraverso una riduzione del testo poetico tratto da (Massini), se ne propone una versione contratta, seguita dalla traduzione in italiano1
Recordi a fine jugnu ? ‘Rroventatu
come scottaa lu sòle ‘nvipiritu !
Tu stavi da lu scròzzu reguardatu,
tuttu, da capu a pé, quasci rvistitu.
[…]
‘Llu dí, però, ‘che cosa de spiciale
c’era d’entunno a te: parole, canti,
u’ rluccecà ce stava, tale e quale
fa’ li specchi a lu sòle o li vrillanti.
[…]
Mo’ sci’ ‘gghiustatu a mazzi che se lega,
se ‘nzurva, po’ se vagna e po’ se ‘ntreccia.
Come sci’ mardrattatu ! Chi lo nega:
se ‘o’ fa con te la pezza de la treccia.
[…]
Se spurga e po’ se passa su lu trocchiu
ancora lu triccì pulitu e bellu;
mo’ ce vo’ l’arte, pràtaca coll’occhiu:
le macchenette cuce lu cappellu.
Vattutu su la prèscia e po’ guarnitu
de nastru o pitturatu,
addé che lu martiriu t’è finitu:
te ‘spetta lu mercatu.
(traduzione)
Ricordi a fine giugno ? Arroventato
come scotta il sole inviperito !
Tu stavi da la scorza riguardato,
tutto, da capo a piedi, quasi rivestito.
[…]
Quel giorno, però, qualcosa di speciale
c’era d’intorno a te: parole, canti,
un riluccicare ci stava, tale e quale
fanno gli specchi al sole o i brillanti.
[…]
Ora sei aggiustato a mazzi da legare,
si inzolfa, poi si bagna e poi si intreccia.
Come sei maltrattato ! Chi lo può negare:
si vuol fare con te la pezza della treccia.
[…]
Si spurga e poi si passa sul torchio
ancora il treccino (treccia) pulito e bello;
ora ci vuole l’arte, pratica con l’occhio:
le macchinette cuciono il cappello.
Battuto sulla pressa e poi guarnito
di nastro o pitturato,
ora che il martirio t’ è finito:
ti aspetta il mercato.
Il componimento, nella sua versione integrale, riassume, attraverso fulgide allegorie, tutte le fasi di trasformazione dei fili di paglia che conducono al prodotto finito.
Il processo di conservazione e riscoperta della cultura passata, prosegue per tutto il secolo scorso con alcune tesi universitarie condotte a partire dagli anni Sessanta; seguita per tutti i decenni successivi passando attraverso l’istituzione nel 1988 del museo del cappello da parte del Comune di Montappone, cui fa seguito l’allestimento del museo del cappello di paglia, ora chiuso, da parte del Comune di Massa Fermana nel 2007.
I decisi influssi di tutta la cultura locale si ritrovano nella poliedrica opera del faleronese Massimo Mezzanotte (Falerone 1943 – Sant’Elpidio a Mare 2009). Autore di teatro, poeta e pittore, di lui ricordiamo molte delle veglie scritte per la “Contesa de la ‘Nzegna”, nelle quali l’arte della paglia fornisce una naturale ambientazione. Molto significativa anche la sua produzione pittorica con la serie di ritratti con cappello o di donne intente nelle attività della treccia.
Affermazione di un distretto produttivo
Nel frattempo sul fronte commerciale cominciano progressivamente a sorgere nuove iniziative. Nel 1976 viene costituita la cooperativa C.I.L.P.A. Marche (Consorzio Imprenditori Lavorazione Paglia e Affini) a cui, per alcuni anni, vengono assegnate tre funzioni principali:
- provvedere al rifornimento delle materie prime per le imprese dei soci;
- organizzare presentazioni comuni dei prodotti;
- favorire le vendite.
Congiuntamente le imprese del distretto diventano un laboratorio delle nuove politiche di delocalizzazione e internazionalizzazione. Non essendo più conveniente produrre cappelli di paglia in Italia, già negli anni Settanta, imprenditori e commercianti locali instaurano relazioni con la Cina per rendere vantaggioso a livello internazionale l’acquisto di cappelli cinesi in Italia.
Inizia a diffondersi una cultura di promozione industriale ai più alti livelli: vengono avviati accordi con multinazionali estere per lo sfruttamento di marchi famosi e incominciano a presentarsi accordi con affermate case di moda per la produzione di articoli di alta qualità.
Si rafforza parallelamente la veicolazione del messaggio identificativo del distretto nel mondo: a partire dal 1994 viene creato Cappeldoc, un consorzio di imprese avente lo scopo di promuovere la commercializzazione di prodotti insieme alla organizzazione di politiche comuni tra consorziati (Cammarano 2011, pg. 58).
Dal 1980, e per diverso tempo, viene proposta in chiave moderna la Contesa de la ‘Nzegna di Falerone, dove la lavorazione della paglia di grano risulta centrale in molti momenti della competizione.
Nel 2002 inizia a svolgersi con cadenza annuale, e per qualche decennio, la festa de “Il Cappello di paglia” di Montappone e, a partire dal 2006, il Comune di Massa Fermana organizza per alcuni anni una manifestazione di “Arte – Memoria – Happening” incentrata sul cappello.
Vengono create progressivamente esposizioni di copricapi fantastici, pezzi unici frutto del lavoro di artisti e maestri cappellai.
1 Si ringraziano gli eredi Massini per il consenso fornito alla riduzione e alla traduzione dell’opera originaria.